Estate, puntualmente sei tornata!
Ti aspettavo sai… col solito timore.
Arrivi carica di doni colorati,
tra acque spumeggianti e rive assolate,
con tramonti ed aurore
che salutano il sole, ma
tu sai che non ti amo,
che in te vedo un beffardo sorriso…
Con i tuoi colori
volevo dipingere la mia vita,
con i tuoi profumi
volevo inebriare l’anima…
ma ti ho strappata dal mio cuore
e ti ha coperto col velo di tristezza.
Amavo tutto di te,
ora vivo sconsolata
un lungo inverno senza fine
nel mio cuore
riesco a vedere soltanto
sfocati tramonti
e malinconiche aurore…
RECENSIONE A CURA DI RENO BROMURO
Il mondo poetico di Daniela Costantini, romana di
Roma, è cosparso di simboli, i versi non snodano metafore, che pure
arricchiscono la poesia, sillogismi o neologismi, ma creano simboli, che nel
loro viaggiare con le parole ingigantiscono la lirica come i colori, il quadro.
Questi simboli germogliano come fiori a primavera, durante il viaggio da casa
all’ufficio o trastullandosi con le figlie, oppure lavorando all’uncinetto o
sferragliando per confezionare maglie. I simboli sono vivi e si moltiplicano
forse perché la Costantini
venera la poesia come regina assoluta della sua vita. Il simbolismo non le nasce
dalla lettura di Prévert o di Neruda oppure di Gibran; ella
prende e fotografa con la mente tutte le cose che passano davanti ai suoi occhi,
e sono queste immagini che rivivono nelle parole o nei colori come simboli.
«Estate, puntualmente sei tornata!
Ti aspettavo sai… col solito timore.
Arrivi carica di doni colorati,
tra acque spumeggianti e rive assolate,
con tramonti ed aurore
che salutano il sole, ma
tu sai che non ti amo,
che in te vedo un beffardo sorriso…»
Un ricordo amaro, desolato: il ricordo non di un’estate che è
stata lunga ed appassionata, ma tragedia, di amori e di delusione d’amore, tanto
che il
Poeta Daniela Costantini si sente disancorata dalla sua vita, che ama. Un
dolore che non si può esprimere, che rimane chiuso dentro (Amavo tutto di
te,/ora vivo sconsolata/un lungo inverno senza fine), fino all'ossessione.
Costantini accompagna col ricordo, senza il conforto di un amico
occasionale, mentre il ritmo prosastico assunto all'inizio diviene frenetico
come il cuore andasse in fibrillazione.
Un tema, questo dell'estate «odiata», che richiama
alla memoria una canzone degli anni sessanta, non per particolare destino o più
per impossibilità di sentirsi ancora ancorata alla vita, ad una fanciullezza in
cui dalla radio ascoltava quella voce malinconica e il pianto del saxofono che
l’accompagnava. Quindi il suo dolore è un aggregato storico e sociale, che
ritornerà con insistenza dolorosa e drammatica in tutta la sua produzione
poetica.
Non sembri pretenzioso il titolo giustamente meritato
«Qualcosa di nuovo»
perché sinceramente, iniziare questo commento col criterio seguito nel
raccogliere il succo e le lacrime interiori della poesia, che potrebbe apparire
appartenere al periodo preromantico inglese, o protoromantico, o al
Decadentismo, oggi turba i sonni di più di un critico letterario, cioè la
questione dei termini usati per indicare un consenso all’esposizione di
quest’Estate non amata, e non perché è la stagione, ma perché in essa e, con
essa, la
Costantini vede passare nei suoi ricordi un periodo felice, durato, forse,
una sola estate, o tutta la fanciullezza? Nella Costantini c’è qualcosa
di nuovo poiché poeti e poesie rappresentanti il meglio di una determinata
letteratura, sono come «desaparasidos». La critica fa molta fatica per
distinguere la poesia maggiore e minore; la distinzione è uno di problemi
fondamentali su cui il progetto della critica letteraria ha tradizionalmente
poggiato. La critica dovrebbe avere il coraggio oltre che essere capace di
distinguere chiaramente fra poeti maggiori e minori, per avere dinanzi il vero
quadro della letteratura italiana. Tutto sarà chiaro, una volta che la critica
avrà concretizzato la detta distinzione; non c'è bisogno di un'unanimità di
consenso; però le parti in disaccordo, dovranno essere riconosciute perché
aperte, ragionevolmente, alla discussione.
La questione più spinosa non è quella dell'inclusione, perché
un canone letterario è più capace di espansione di quanto non lo siano quelli
legali o teologici, proprio perché non ci si aspetta che i canoni letterari
siano omogenei, perché dalle varie soggettività «lo storico letterario»
può trovare l’oggettività della storia letteraria, forse anche analizzando il
manufatto psicologicamente.
Qualche critico autorevole ed influente ha recentemente
arguito che «i canoni letterari cambiano più per una diversa sistemazione che
per eliminazione dei contendenti, esattamente perché le istituzioni letterarie
sono notevolmente deboli in confronto ad altre istituzioni sociali». Quindi
dato che le conseguenze istituzionali sono materiali per critici, storici e
anche per
poeti, i quali spesso (perché in Internet c’è troppa poesia non selezionata)
emulano dei modelli e nascono poesie? Che si camminano per i vari siti e il
giovane non legge più i «Maestri», ma legge e s’ispira alle infinite
poesie non catalogate.
Eppure sarebbe bello se i giovani o comunque nuovi poeti (c’è
qualcuno che ha iniziato a scrivere poesie, proprio incitato da quello che legge
nel web, se invece si fosse soffermato su poeti come Young, Gray,
Byron,
Baudelaire, Apollinaire, Montale, Cardarelli… puri
modelli di poetica, la cui forte risonanza e circolazione europea serve a
mobilitare e ad aprire il canone complessivo della letteratura italiana e non
solo italiana ma continentale.
«Con i tuoi colori
volevo dipingere la mia vita,
con i tuoi profumi
volevo inebriare l’anima…
ma ti ho strappata dal mio cuore
e ti ho coperto col velo di tristezza».
«La differenza importante è se la conoscenza di tutta l'opera di un poeta, o
almeno di una larghissima parte di essa, lo faccia apprezzare di più, facendo
comprendere meglio, una qualunque delle sue poesie, oppure questo implica
un'unità significante della sua opera complessiva». Sono osservazioni che
servono, come accennavo sopra, a ricordare come poeta maggiore abbia ben poco a
che fare con la produzione di un'unica poesia, il cosiddetto «capolavoro»:
Eliot considera maggiori i poeti più ambiziosi la cui carriera
testimoni di una larga varietà e diversità di soggetti o stili e sulla base di
questo criterio, si può arrivare a considerare un poeta minore come miglior
artista di alcuni dei maggiori. Ora, la differenza fra poeti maggiori e minori è
stata, spesso ricordata con riferimento alla poesia. La verità è, che, più ci
avviciniamo ai nostri giorni e più si tende a ridiscutere il collegamento, in
base ad un paragone astruso, velleitario, e «virtuale». Certo, si può arguire,
come forse è già stato fatto, con qualche plausibilità, che la quantità di
talento poetico resta abbastanza costante in ciascuno dei periodi presi in
esame, io per valutare la poesia della Costantini, ho cavalcato età
diverse, dal Classicismo al Settecento, al Preromanticismo, al Romanticismo,
fino a giungere alla poesia sonora e alla poesia visiva, incamerando le
necessarie precisazioni di ordine storico.
Per esempio, in molta poesia preromantica può vedersi
un'appendice critica della poesia inglese settecentesca maggiore, e risente,
come quella, di una confidenza che il poeta nutre per i suoi lettori, per quanto
ristretti; insomma il risultato, almeno in parte, di un cambiamento
significativo dell'ambiente poetico l’ho trovato, leggendo varie opere della
Costantini facendomi un quadro chiaro del suo mondo poetico, trovandovi,
appunto quel qualcosa di nuovo, che non c’è nella poetica contemporanea.
E’ compreso, in verità, in questo qualcosa di nuovo, la
indiscutibile, direi inevitabile, «grandezza» dei romantici e la
ugualmente drastica qualificazione dei modernisti come diretti successione
storica della forte espressività; ma sia pure influenzata dai romantici, come
Tennyson e
Rossetti o quelli che meglio precorrono gli stessi modernisti.
«Amavo tutto di te,
ora vivo sconsolata
un lungo inverno senza fine
nel mio cuore
riesco a vedere soltanto
sfocati tramonti
e malinconiche aurore…»
Essere fedeli al proprio giudizio vuoi dire non preoccuparsi
molto se coincide o differisce dal gusto e dal giudizio dei lettori: è ovvio
come sia tanto sincero con una poesia semplicemente perché è stata già usata e
letta in rete quanto accettarla per il suo valore poetico, per la sua sincerità
del sentire fortemente, la propria ragione. Come si vedrà, il commento è più
storico che letterario, ma non potevo altrimenti, per spiegare dov’è questo
«Qualcosa di nuovo» in quanto poesia motivata da uno spirito di eccellenza a
tutti i costi quanto di aderenza autonoma ai testi che vagano per Internet.
Reno Bromuro
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