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E' motivo di grande orgoglio la pubblicazione di un mio racconto nel volume edito dalla Casa Editrice IL PONTE a seguito di una splendida iniziativa che ha avuto come intento la raccolta di testimonianze, storie, sentimenti e passioni vissute da noi donne.

Con queste testimonianze si è confrontata l'analisi dei sociologi della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze prof. Giovanni Bechelloni e la dott.ssa Silvia Pezzoli.

E' questa la terza iniziativa che nel corso di un decennio le Coop Consumatori del Distretto Tirrenico e l'Auser Regionale Toscana hanno promosso insieme.

 

LE DONNE. LA STORIA , LE STORIE

Raccolta di testimonianze degli ultimi cinquant'anni

 

 

 

Il mio racconto... a pag. 40

 

 

LA FORZA DELLA VITA

 

 

Poco dopo il mio diciottesimo compleanno il mio primo impegno sociale fu il voto per il referendum sull’aborto. Ricordo quanto ero impacciata di fronte a questa convocazione; mi sembrava strano in quella lontana mattina di venticinque anni fa che una persona come me, senza esperienze della vita, dovesse  esprimere il proprio parere. Ricordo tuttavia che con grande decisione, scelsi l’abrogazione della legge contro l’aborto.

Non immaginavo che negli anni a venire avrei ripensato mille e mille volte alla leggerezza con cui avevo deciso sull’argomento del donare o negare la viva a un essere vivente.

Terminata la scuola superiore nella rosa dei cosiddetti bravi, dopo qualche mese iniziai a lavorare presso un ente che si occupava della riabilitazione dei bambini handicappati. Mi trovai immersa in uno strato di mondo molto lontano dalla vita che ero abituata a vivere. Durante le interminabili otto ore di lavoro scorrevano davanti ai miei occhi decine e decine di bambini cerebrolesi. Sul volto delle mamme e dei papà sempre la stessa espressione: un immutabile dolore e una profonda prostrazione. Imparai ben presto il valore di un sorriso. Per quelle persone sorridere era veramente un miracolo. Per me furono tempi molto duri perché è difficile vivere a contatto col dolore. La mia sensibilità iniziò a diventare molto acuta e moltissime volte piangevo di rabbia per quei bambini del tutto ignari degli immensi sforzi dei loro familiari.

La mia giovanissima età mi imponeva di fuggire da quell’ambiente; mi sentivo in trappola. Io avevo voglia di ridere, di scherzare, di lavorare in un ambiente normale. Devo riconoscere però che il tempo è veramente un grande medico e io, pian piano, mi adattai, anzi, mi innamorai del prossimo.

Dopo due anni mi sposai e circa un anno dopo ero in attesa della mia prima bambina. Ricordo ancora il giorno in cui diedi la notizia al direttore del Centro, anche lui handicappato, un tetraplegico. Lui decantava sempre la vita, la apprezzava in modo smisurato, lui che fino a ventisei anni era stato un ragazzo di successo e pieno di vita. Un tuffo dal trampolino aveva spezzato il suo sogno e ora si ritrovava su una sedia a rotelle. Mi raccomandava sempre di guardare avanti, di progredire, di sentirmi felice di vivere.

La più bella lezione di vita fu il racconto di un episodio della sua vita da “handicappato”. Dopo l’incidente, gli interventi chirurgici e la riabilitazione si rese conto di non essere più in grado di potersi neanche accendere una sigaretta. Bene, trascorse una settimana chiuso in una stanza per provare ad accendere un fiammifero. Ed alla fine ci riuscì.

Il giorno in cui gli diedi la notizia della mia prossima maternità mi portò una rosa: ancora una volta mi stava dimostrando quanto celebrava il valore e i successi della vita.

La mia bimba nacque bellissima e meravigliosamente sana. I suoi progressi, i suoi sorrisi, i suoi primi vocalizzi mi riempivano di gioia. Era così vero quel miracolo! La vita mi aveva davvero regalato tanto.

Dopo circa due anni io e mio marito decidemmo che era arrivato il momento di un fratellino o di una sorellina per la nostra Valeria. Rimasi in stato interessante tra la gioia di tutti, ma per me si stava preparando qualcosa di tremendo. Alla fine del sesto mese di gravidanza mi recai dal ginecologo con mio marito per i soliti controlli e ricordo con quanta emozione ascoltammo i battiti del cuore della nostra creatura. Tornammo a casa felici e mostrammo alla piccola Valeria l’ecografia della sua sorellina. Il mio sogno di darle una compagnia si stava per avverare.

Durante la notte mi svegliai in preda ad un inspiegabile disagio. Sentivo un liquido caldo che usciva dal mio corpo e pensai che la testa della mia bambina premeva sulla vescica… Non era così!

La mattina successiva mi sentivo male, mi girava la testa, avevo un po’ di mal di pancia. Telefonai al ginecologo che si allarmò immediatamente: lui aveva capito subito ciò che era accaduto: si erano rotte le acque e quindi la mia bambina era in pericolo, stava soffrendo. Mi ricoverò immediatamente ma mia figlia morì dentro di me.

Trascorsi cinque giorni in pericolo di vita perché poteva svilupparsi una setticemia, ma la mia bimba non voleva staccarsi da me. Le doglie andavano e venivano e la mia disperazione cresceva. I medici mi rassicuravano, mi dicevano che non dovevo disperarmi così tanto, avevo solo venticinque anni e di figli ne avrei potuti avere quanti ne volevo. Mi dicevano che se anche la mia bambina non fosse morta sarebbe nata con un grosso handicap perché il liquido amniotico insufficiente non le avrebbe consentito uno sviluppo armonico degli arti. Io ero come accecata e in quei momenti l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che quello che dicevano non era affatto vero: quella figlia non sarebbe nata mai più, magari altri dieci, ma non lei.

Mi ritrovai a pensare insistentemente al fatto che io quella figlia la volevo a tutti i costi anche handicappata. Ero cresciuta. Ora la vita per me aveva veramente acquistato valore e significato: l’avevo capito nel momento in cui mi ero sentita così inerme di fronte alla morte.

Quel dolore non l’ho mai superato anche se dopo due anni ho avuto un’altra splendida bambina. Mentre stringevo per la prima volta la piccola Elisa tra le braccia piansi di gioia. Nella mia vita splendeva di nuovo il sole.

Io comunque, dopo diciassette anni ancora ricordo, ogni anno rimpiango quel compleanno mancato, quella gioia negata.

Odio l’aborto, anche se inevitabile e terapeutico.

Odio la Vita quando fugge.

 

 © Daniela Costantini - CASA EDITRICE "IL PONTE"

 

 

 

 

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