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Il mio paese... il paese della mia Nostalgia

 

 

Bene... ve lo presento... 

questo piccolo paese si chiama Villa San Sebastiano.

E' il paese di mio padre,ma è anche il luogo dove trascorro le vacanze estive fin

 dall'infanzia ed ho imparato ad amarlo e ad apprezzarlo per la pace che sa darmi.

Con poco più di un'ora di treno da Roma ci si trova immersi in un luogo dove la natura

fa ancora da regina: la Marsica.

Ho fatto varie ricerche tra le varie fonti storiche e la più recente teoria vuole attribuire

 l'origne del popolo dei Marsi a Marsus, figlio di Circe, sorella di Angizia,

la quale esercitava i suoi poteri magici in un bosco adiacente al Lago del Fucino

dove si trovava una famosissima scuola per maghi.

I racconti di mio padre mi hanno aiutato molto perché ai tempi della sua infanzia

durante le lunghe e fredde serate invernali le famiglie si riunivano davanti al focolare.

Accanto al camino i più anziani raccontavano ai più giovani e così si tramandavano le

 storie.

Mia nonna mi raccontava sempre del suo passato, delle sue difficoltà per crescere la

numerosa famiglia, di mio nonno, il nonno mai conosciuto e a cui ho dedicato una poesia,

 la mia parte mancante...

Quell'uomo che per la famiglia emigrò in America per anni e che lavorava di giorno

 nell'edilizia e di sera suonava nei locali il suo quartino...

 

Villa San Sebastiano si trova ai piedi del monte Aurunzo e sorse in seguito alla battaglia

del 23 agosto 1268 tra Carlo D'Angiò e Corradino di Svevia. Tutti i piccoli paesi dei

piani Palentini vennero distrutti dalla violenza di quella guerra e trovarono rifugio vicino

ad una Chiesa eretta in onore di San Sebastiano; scelsero San Bartolomeo come

Santo Protettore proprio perché il 23 agosto ricorreva la Sua solennità.

E' ormai consuetudine popolare definire l'abruzzese forte e cortese... forse per la loro vita

di duro lavoro e per l'attaccamento alla famiglia e ai suoi valori.

 

Lavorare i campi ha rappresentato da sempre un grande impegno a causa della natura

 montuosa della zona. Gli strumenti che venivano utilizzati erano per la maggior parte

costruiti con il legno o con il ferro.

La forza delle braccia era l'elemento fondamentale!

La cura del bestiame era particolarmente importante. Chi aveva la fortuna di possedere

 una mucca si garantiva la produzione del latte e del formaggio e la vendita dei vitelli dava

 un grande aiuto economico alla famiglia.

Mio padre e suo fratello avevano una mucca che si chiamava Cimetta e quando

fischiavano dai piedi della montagna, lei si avviava verso casa. Cimetta... una vera fortuna

 per la loro famiglia... fino a quando i tedeschi non la requisirono. C'era la guerra...

Quasi tutti possedevano un asino che utilizzavano come mezzo di trasporto

per andare a lavorare nei campi e per raggiungere le fiere ed i mercati nei paesi vicini.

Anche procurarsi la legna per cucinare e per l'inverno era faticoso. Mia nonna mi

 raccontava che nonno e tanti altri contadini impiegavano anche più di dieci ore

per andare a raccogliere la legna sulle montagne di Cappadocia!

Una volta arrivati dovevano raccogliere, tagliare e caricare la legna sul dorso dell'asino

per poi riavviarsi ormai stanchissimi,  verso casa. Una grande fatica per gli uomini

e per gli animali...

Chi non possedeva un asino doveva accontentarsi delle fascine raccolte sul monte

Aurunzo.

C'era anche una sorta di commercio della legna; tutti ancora lo ricordano.

I contadini di Castellafiume arrivavano con i loro asini e muli carichi di legna

e la barattavano con patate, grano e altri generi alimentari.

Era un lungo viaggio, ma il bisogno li spingeva ad intraprenderlo.

Quando moriva un asino era una vera tragedia per le famiglie e non poche volte i

 compaesani facevano una colletta per poter aiutare la famiglia colpita dalla perdita.

 

Il lavoro delle donne era poi particolarmente gravoso. Dovevano provvedere alla casa,

 procurarsi l'acqua e dedicarsi senza conoscere soste a tutte le altre innumerevoli cose

di cui ha bisogno una famiglia; a quel tempo non c'erano negozi dove poter acquistare

 vestiario o cibo.

Il pane ad esempio veniva preparato in casa. In paese c'erano tre forni di cui uno

chiamato "forno della terra"; apparteneva alla Chiesa ed ogni anno veniva dato

in gestione dopo un'asta pubblica.

Mia nonna ha fatto la fornaia per ben 14 anni, aveva il forno in casa.

Per ogni infornata riceveva in pagamento una pagnotta. Preparava anche pizze, dolci,

fichi cotti, delle vere e proprie delizie.

Per fare il pane a Villa ci volevano due giorni tra preparazione e cottura perché nel pane

venivano aggiunte le patate che ne garantivano la morbidezza.

Durante le lunghe e fredde serate invernali le donne lavoravano al telaio e con il fuso per

preparare i tessuti per le diverse necessità; lavoravano con i ferri per preparare calze e

maglie di lana, instancabili...

I tessuti di tela confezionati in inverno venivano sbiancati durante l'estate mediante un

 procedimento chiamato "cura".

La tela veniva bagnata e poi fatta asciugare al sole e ogni due giorni veniva immersa

in una tinozza piena di acqua bollente e cenere.

Questo trattamento durava circa una decina di giorni al termine dei quali la tela

diventava bianca.

La cenere veniva utilizzata anche per il bucato giornaliero. I panni venivano portati

al fiume perché nelle case non c'era acqua a sufficienza.

Ancora ricordo il fiume di Villa, l'Imele, pieno di donne intente a fare il bucato.

C'era un gran vociare, si intonavano canzoni, ci si scambiavano confidenze e per me

 andare al fiume a lavare i panni con mamma e con nonna era un vero divertimento;

ero solo una bambina e saltellavo tra le pietre del fiume che aveva un'acqua cristallina

e fresca. Intorno c'erano cespugli, alberi e prati. Per me era una vera e propria festa.

Mia nonna a casa conservava un vecchio ferro da stiro;  me lo ricordo perfettamente.

Consisteva in un pezzo di ferro con un rialzo e  un manico.

Il ferro da stiro doveva essere tenuto vicino al fuoco e poi doveva essere riempito

di carboni accesi nella parte rialzata.

Pensate che fatica doveva essere stirare senza sporcare nulla!

Per me tutto era affascinante, quei ricordi lo ho tutti dentro di me come un qualcosa

di straordinariamente prezioso.

Adoravo mia nonna ed i racconti che mi faceva, la vedevo così forte, così decisa,

così saggia. Non si perdeva mai di animo!

Le ho dedicato la poesia "Ti ricordo... Nonnina", ma quante altre cose belle potrei dire

su di lei.

I suoi racconti li adoravo più delle favole perché nei suoi occhi brillavano i ricordi

e anche ... qualche lacrima...

 

 

Dedicato a Nonno Giovanni, a Nonna Rosina, 

a mio padre e a tutti gli abitanti di Villa. Con affetto

Daniela

 

 

 

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