Tanti anni fa. Tanti. Circa cinquanta. Ricordi riemersi da un passato lontano.
Ricordo un cielo stellato e il volo brillante delle lucciole che avvolgeva la
nostra casa tra le montagne dove trascorrevamo le vacanze estive. La casa di
nonna Rosina a Villa San Sebastiano in Abruzzo vicino Tagliacozzo.
La strada fatta di grossi ciottoli luccicava alla luce della luna. Io e la mia
cuginetta Anna, sempre inseparabili durante le vacanze che trascorrevamo
insieme, venivamo puntualmente chiamate dalle nostre mamme Iole e Villelma per
andare a prendere il latte. Non si andava nei negozi, non esistevano latterie,
si andava alla stalla di Bernardo, marito della nostra vicina di casa che si
chiamava Speranza. La strada per arrivare alla stalla era in fondo alla discesa
e arrivavamo tutte traballanti e magari con qualche sbucciatura in più sulle
ginocchia.
Camminavamo tenendoci per mano, ridevamo, eravamo felici e guardavamo la
meraviglia del cielo pieno di stelle che ci sembravano grandi, grandissime.
Chissà perché con occhi bambini i contorni delle cose sembrano diversi.
Arrivate alla stalla osservavamo attente Bernardo che mungeva Bianchina, una
bellissima mucca tutta bianca con una macchia nera in mezzo agli occhi. Mungeva
con incredibile maestria mentre lei continuava a ruminare tranquillamente. Quel
latte appena munto era incredibilmente bianco, quasi denso e se ci penso mi
sembra di sentirne ancora il fragrante profumo.
Con quei due pentolini di alluminio tra le mani salutavamo e iniziava la scalata
verso casa. Eh si! Ora dovevamo salire per tornare indietro! Io e Anna
ridevamo, per noi tutto era occasione di gioco e risate e quando arrivavamo
dalle nostre mamme che ci aspettavano sulle scalette di pietra della vecchia
casa, ci facevano la solita domanda: “Quanto ne avete versato per arrivare fin
qui?” Avevano ragione perché quando inciampavamo, inevitabilmente cadeva un po’
di latte. La strada era tutta sassi! Ora ripensandoci credo che quando ci
strillavano dicendoci che eravamo “le solite…” , faceva tutto parte del gioco,
era un’occasione anche per ridere.
Nostra nonna Rosina se ne stava seduta accanto alle nostre mamme e interveniva
sempre per difenderci perché diceva che eravamo troppo piccole per far arrivare
i pentolini di latte colmi, sani e salvi.
Le nostre mamme li coprivano con una retina per paura che ci andassero a finire
gli insetti e li mettevano sul davanzale della finestra. Non c’erano frigoriferi
in quella casa anche perché la temperatura notturna scendeva sempre molto anche
se era agosto e al mattino il latte era buonissimo.
Tutto era bello, genuino, semplice. C’era buon umore, c’erano sorrisi, c’era la
gioia di condividere anche le piccole cose. Un ciambellone fatto in casa era una
grande festa per noi bambini e non ci lamentavamo mai, neanche quando per
merenda c’era una fetta di pane bagnata con l’acqua e cosparsa di zucchero.
I bambini di oggi si rimpinzano di cioccolata e merendine e non si accontentano
di nulla. Ora c’è l’abbondanza in tutto, si vive non apprezzando quelle cose che
sono capaci di renderti ricco se riesci a ricordarle con nostalgia anche dopo
oltre cinquant’anni.
©Daniela Costantini
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